sabato 29 maggio 2010
Diesel 0 - Lesine 1
In effetti a vederlo ora, così, ti chiedi come mai si è dovuto aspettare così tanto per avere una replica del genere,che sembra quasi ovvia. Qui trovate tutta la campagna ideata dall'agenzia Diaframma Adv (l'agenzia di Yamamay,che ad ogni uscita stampa cambia il logo o dei vecchi film Kimbo con Proietti per intendersi.)
martedì 11 maggio 2010
Trust Me vs Mad Men: 60 anni per trasformare i pubblicitari da fighi a sfigati.
Ci sono serie tv praticamente su tutto: casalinghe che sembrano modelle, prostitute newyorkesi, scrittori in crisi, dottori con la faccia de duro ecc ecc.
E ovviamente non potevano mancare i pubblicitari, protagonisti di ben due serie americane. La prima è Mad Men ambientata nel mondo della pubblicità anni '50. Girano tanti soldi, tanta brillantina, tutti sono fighissimi, eleganti e bevono whiskey in ufficio. Ritmo lentissimo e dialoghi coinvolgenti come un concerto di Marco Carta (I suppose..). Il direttore creativo/protagonista poi è il più figone di tutti, ha una moglie bellissima e qualche amante ancora più figa (anzie più figa no, perchè lei è abbastanza insuperabile). Una specie di Clarke Gable copywriter.
La serie ha avuto un bel po' di successo (in Italia pochino a dir la verità) e adesso siamo alla quinta serie. Personalmente mi sono fermato alle prime puntate e il mio entusiasmo è calato a picco di puntata in puntata.
In compenso sto sviluppando una vera passione per l'altra serie sul mondo della réclame: Trust Me.
A differenza di Mad Men, parla in modo abbastanza realistico dell'ambiente pubblicitario attuale. I protagonisti sono due amici, coppia creativa senior in un'importante agenzia di Chicago e il loro rapporto viene messo alla prova quando uno dei due, l'art (il Will di Will&Grace) viene promosso direttore creativo. Il tutto è molto reale e i problemi pure, dal creativo quarantenne che non riesce a stare al passo con i tempi, all'ossessione per i premi e i riconoscimenti. Insomma creativi anche un po' sfigati, senza stipendi faraonici ma più veri. Il prodotto ideale per i nerd dell'advertising, per gli addetti ai lavori e infatti è stata cancellata per i bassi ascolti subito dopo la prima serie.
Insomma tra Mad Men e Trust Me c'è la stessa differenza che c'è tra Batman e Spiderman se capite cosa intendo.
E la nostra simpatia ovviamente è indirizzata allo sfigato di turno.
domenica 2 maggio 2010
La strana storia del collezionista d'arte senza Porsche
Se siete incuriositi dal mercato dell'arte moderna il libro giusto da leggere è "Lo squalo da 12 milioni di dollari", scritto dall'economista Donald Thompson e uscito in Italia lo scorso anno per Mondadori. Se non siete abbastanza disillusi nei confonti del mondo dell'arte, questa lettura sarà un grosso aiuto.
L'antidoto giusto all'amarezza causata da queste pagine è invece la storia di Herb e Dorothy.
Lui postino, lei bibliotecaria, entrambi con una grande passione per l'arte contemporanea. Negli anni sessanta hanno avuto un'intuizione: usare lo stipendio di lei per mantenersi e quello di lui per comprare pezzi d'autore. Ovviamente opere non troppo grandi, visto che dovevano entrare nel loro bilocale a Manhattan; decisero anche di non vendere mai un pezzo. L'arte per loro era solo passione, non un business.
In quarant'anni hanno accumulato più di 4000 opere di grandi artisti tra cui Donald Judd, Son Le Witt, Christo e Chuck Close.
Per gli acquisti si fidavano solo del loro istinto, dimstrando di essere sempre un passo avanti rispetto al mercato, riuscendo così ad acquistare, spendendo il giusto, opere di autori sconosciuti che nel giro di poco tempo sarebbero diventate star internazionali.
Poi nei 90 hanno deciso di donare (sì, sì donare) tutta la loro collezione alla National Gallery of Art di Washington e ad altri musei più piccoli, tenedo solo qualcosa da vendere in caso di emergenza.
Da poco è uscito un in dvd un documentario sulla loro storia: lo trovate qui.
L'antidoto giusto all'amarezza causata da queste pagine è invece la storia di Herb e Dorothy.
Lui postino, lei bibliotecaria, entrambi con una grande passione per l'arte contemporanea. Negli anni sessanta hanno avuto un'intuizione: usare lo stipendio di lei per mantenersi e quello di lui per comprare pezzi d'autore. Ovviamente opere non troppo grandi, visto che dovevano entrare nel loro bilocale a Manhattan; decisero anche di non vendere mai un pezzo. L'arte per loro era solo passione, non un business.
In quarant'anni hanno accumulato più di 4000 opere di grandi artisti tra cui Donald Judd, Son Le Witt, Christo e Chuck Close.
Per gli acquisti si fidavano solo del loro istinto, dimstrando di essere sempre un passo avanti rispetto al mercato, riuscendo così ad acquistare, spendendo il giusto, opere di autori sconosciuti che nel giro di poco tempo sarebbero diventate star internazionali.
Poi nei 90 hanno deciso di donare (sì, sì donare) tutta la loro collezione alla National Gallery of Art di Washington e ad altri musei più piccoli, tenedo solo qualcosa da vendere in caso di emergenza.
Da poco è uscito un in dvd un documentario sulla loro storia: lo trovate qui.
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